Sportiello contro il suo passato
Cresciuto nell’Atalanta, il portiere viola vuole prendersi la sua silenziosa rivincita. Una vita passata all’Atalanta, dal settore giovanile, dove è entrato nel 1999 fino alla prima squadra, dove ha debuttato in Serie A nel 2014, a 21 anni. Marco Sportiello, quello che tra i pali della squadra bergamasca, ha ipnotizzato dal dischetto Palacio prima e Higuain dopo, stavolta si trova di fronte il suo passato. Per la prima volta da titolare della squadra che, lo scorso gennaio, lo ha voluto fortemente con sé. Corvino lo ha preso senza nemmeno un’incertezza nonostante il titolare, otto mesi fa, fosse il rumeno Tatarusanu. Sapeva che sarebbe stato lui il portiere del futuro, italiano, nella tradizione dei grandi numeri 1, e se lo è assicurato in prestito con diritto di riscatto fissato ad una cifra inferiore ai 6 milioni. Diritto che sarà esercitato il prossimo giugno, perché la strada è già stata tracciata. Sportiello non ha avuto dubbi quando alla sua porta ha bussato la Fiorentina: sapeva bene che avrebbe rinunciato ad un’Europa che fin da gennaio pareva essere molto più vicina per l’Atalanta che per la squadra viola, eppure ha detto sì. Si è fatto trovare pronto nel momento del bisogno – 4 punti in due gare, nonostante 4 gol incassati – ed ha sempre pensato solo e unicamente a lavorare. Con Sousa c’era un rapporto professionale e basta, Pioli invece è diventato il valore aggiunto.
Fin da ragazzino si è sempre ispirato un po’ a Toldo, per altro ex viola, ma non ha mai dimenticato le parole di Gigi Buffon al termine di una gara contro la Juventus, quando si avvicinò e gli suggerì di non mollare mai, perché il talento c’era eccome. E’ il… giovane-vecchio della squadra, giovane all’anagrafe ma con un curriculum comunque importante anche in azzurro, tra giovanili e stage con Conte alla vigilia dell’Europeo. Punta a conquistare Firenze e il sogno nel cassetto resta sempre quello di Coverciano. L’entusiasmo, del resto, non gli manca. Sono le polemiche semmai, quelle che rifugge. Non ha mai replicato pubblicamente alle provocazioni, al massimo si è concesso qualche…litigio vis-à-vis, come con Gasperini la scorsa stagione. Fu messo da parte perché si sosteneva avesse la testa unicamente sul mercato – la Fiorentina lo aveva cercato già in estate – eppure lui non si è mai lasciato distrarre da alcuna sirena. Bergamo, a dirla tutta, non l’avrebbe lasciata mai. Aveva aspettato pazientemente il suo turno, dopo l’era Consigli, ed è pronto a diventarne la bandiera. Berisha, poi, lo ha scavalcato e da allora, per lui, è stata aperta praticamente solo la panchina.
Anche per questo, stasera, punta a prendersi una silenziosa rivincita, sul campo, senza eccessi come piace a lui, ma con la consapevolezza di chi punta ad accendersi i riflettori addosso. Sa bene che la sua squadra, rivoluzionata rispetto ad un anno fa, è giovane e sbarazzina, ma è così, sostiene, che si possono provare a rincorrere anche i sogni apparentemente più ambiziosi. Intanto c’è da provare a rincorrere un successo per poi tentare l’affondo ancora a Verona, stavolta contro il Chievo. La sosta permetterà di rimettere altra benzina nelle gambe. Rincorrendo la prossima Europa.
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