Salvezza certificata, ma non c’è da esserne fieri
La certificazione della salvezza della Fiorentina arriva intorno alle 22 e 45 del 12 maggio, firmata da Muriel (non per nulla un super rimpianto ex viola) e Pasalic, che permettono all’Atalanta di battere il Benevento. Nel pomeriggio Cagliari e Fiorentina avevano giocato la partita perfetta, così definivano gli zero a zero i vecchi giornalisti, non solo nel punteggio ma anche nei tiri in porta. Novanta minuti che definire noiosi sarebbe dare una definizione a un avvenimento che, in effetti, non è mai esistito, se non nelle menti dei due allenatori che magari, giusto per dare un po’ di lustro al loro nome, speravano in un minimo di combattività da parte dei loro atleti. Del resto, era prevedibile che finisse così, in un campionato già stracolmo di partite inutili perché con troppe squadre e, appunto, troppe partite.
Di Cagliari-Fiorentina si può dire che Iachini ha provato a dare un po’ di pathos alla vicenda mettendo in campo Kouame al posto di Ribery. Esperimento sostanzialmente fallito, visto che l’ivoriano ex Genoa ha messo insieme una prestazione ben poco brillante, sbagliando anche controlli facili facili. Iachini, nel finale, cercando di dare un minimo di scossa adrenalinica alla gara, ha messo in campo anche Callejon. Lo spagnolo, ormai la controfigura di quello che giocava a Napoli, è passato leggero fra le maglie pur larghissime della partita. Vero che il ruolo di seconda punta non gli si addice, ma a questo punto viene da chiedersi se esista ancora un ruolo in cui possa dare il suo contributo.
Insomma, Iachini ha provato a dare un senso a questa partita che senso non ne aveva. Anche Semplici, nel finale, ha tentato la carta delle tre punte, perché, in effetti, il Cagliari, con un pareggio, anche con la sconfitta del Benevento, non sarebbe stato matematicamente salvo. Ma il nuovo entrato Cerri, affiancato a Joao Pedro e Pavoletti, si è fatto vedere solo per un litigio un po’ comico con il pallone in area di rigore avversaria. Insomma, niente è riuscito a schiodare la gara da uno zero a zero che sembrava davvero sottoscritto e desiderato da tutti.
La Fiorentina, dunque, si è salvata dalla retrocessione. Non c’è da stappare champagne oppure da fare caroselli per le strade. E non è nemmeno qualcosa di cui i giocatori devono andare particolarmente fieri. Rimane ben poco di buono di questa stagione. Forse solo i gol di Vlahovic e qualche parata di Dragowski.
Ma per i bilanci ci sarà tempo. Adesso si aspettano solo pe parole del presidente. Forti, chiare e, possibilmente, non equivocabili.
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