Riganò: “Simeone? Non è un centravanti”
“Dio perdona, Riga-no”: fin dal suo arrivo, Christian Rignò da Lipari ha fatto impazzire i tifosi della Fiorentina. Dal 2002 al 2005, dalla Florentia Viola alla Serie A, Riganò è stato uno degli artefici della risalita viola dal baratro del fallimento fino alla massima serie. Una serie A conquistata con il sudore della fronte che, oggi, è clamorosamente in pericolo dopo un filotto di sconfitte consecutive che rende decisiva l’ultima di campionato in casa con il Genoa. E con Riganò, uno dei simboli della storia recente, analizziamo questa assurda situazione in cui si è andata a cacciare la Fiorentina.
Christian Riganò, il rapporto tra la piazza e la proprietà è ai minimi storici. Lei è stato uno dei primi acquisti di spicco dei Della Valle, cosa ne pensa?
“Personalmente porto dentro esclusivamente ricordi positivi di questa proprietà, ai miei tempi raggiungevamo gli obiettivi e anche dopo, con Prandelli, la musica non è cambiata”.
Crede che la lettera di Diego Della Valle abbia influito sull’armonia di una squadra che già da tempo stava perdendo pezzi?
“La Fiorentina stava andando male fin da due mesi prima dell’avvento di Vincenzo Montella in panchina, quindi la lettera non c’entra niente”.
A un certo punto della stagione, la squadra è come se avesse staccato la spina. Ciò che sta accadendo intorno può influire?
“Non credo che abbiano staccato. Quando ci salvammo, a Firenze, cambiammo tre allenatori: Mondonico, Buso e Zoff. Eppure raggiungemmo il risultato che ci eravamo prefissati. Il resto sono solo sciocchezze”.
La motivazione, però, può subire dei contraccolpi?
“I giocatori in campo giocano, si dividono per tutti. Ripeto, nel 2005 cambiammo tre allenatori: ci tirammo su le maniche e andammo avanti. In questo modo si affrontano questi problemi. Quello che stava accadendo fuori non ci interessava”.
Condivide la scelta di aver assunto Montella a stagione in corso, quando la situazione era critica? È un rischio per il progetto futuro?
“Se vuoi cambiare per il futuro, è giusto farlo. Può non essere una scelta sbagliata. Arrivando prima, l’allenatore può valutare la qualità degli elementi a disposizione, capire quali schemi utilizzare, inculcare il proprio credo”.
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