Pedro Petrone l’Artillero, il goleador che sfondava le reti
Si racconta che le sue doti di goleador le scoprì per caso. Quando Pedro Petrone cominciò a giocare faceva il portiere, poi un giorno lo schierarono all’attacco per sostituire un compagno infortunato e capirono che quel ragazzo aveva una conclusione talmente potente da sfondare, nel vero senso della parola, le reti. Per lui destro o sinistro non faceva granché differenza, calciava forte, fortissimo, anche dalla lunga distanza, e quando caricava il tiro era un autentico terrore per i portieri. Così diventò un centravanti e cominciarono a soprannominarlo l’Artillero. A Firenze arrivò in treno nel 1931, via Genova dove era sbarcato dopo un lungo viaggio dal Sudamerica. I tifosi viola lo accolsero trionfalmente: era il primo calciatore straniero in gigliato e aveva l’aurea di campione del mondo in carica con il suo Uruguay. E non tradì certo le attese. Segnò subito il primo gol della Fiorentina nel nuovo stadio “Berta”, l’Artemio Franchi di oggi, nel corso dell’amichevole di inaugurazione con gli austriaci dell’Admira Vienna. Nella prima stagione vinse la classifica dei cannonieri di serie A con 25 reti (a pari merito con Schiavio del Bologna). Nell’annata successiva, spostato all’ala dall’allenatore Felsner, il suo rendimento sotto porta calò leggermente, ma realizzò ugualmente 17 reti, tra cui il gol storico che valse la prima vittoria della Fiorentina sulla Juventus. Per premiarlo il presidente Luigi Ridolfi gli regalò una fiammante Fiat 508 Balilla. Ma i rapporti con il numero uno viola precipitarono presto, proprio a causa dei contrasti di Petrone con l’allenatore, reo a suo modo di vedere di averlo allontanato dalla porta. L’Artillero litigò furiosamente con il tecnico e fu multato. Il giorno dopo, il 23 marzo del 1933, sparì con la scusa di andare a far visita a un amico a Bologna. In realtà s’imbarcò per Montevideo per andare a giocare nel Nacional, con cui disputò un campionato, segnando 30 reti. Il club viola minacciò di fargli sequestrare parte dei suoi beni per inadempienza contrattuale e lui tornò a Firenze nel marzo del 1934, ma la storia era ormai finita, anche se di Firenze e della Fiorentina conserverà sempre un bel ricordo fino al giorno della sua morte, avvenuta esattamente 54 anni fa nella sua Montevideo. Così come lo ricordarono per un pezzo i tifosi viola, tramandando a figli e nipoti gli aneddoti leggendari: come quando, in allenamento agli Assi Giglio Rosso, tirò così forte da sfondare la rete della porta e mandare in frantumi la vetrata del vicino chalet.
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