Giovani e affamati, in onore dei ragazzi yè-yè
Fresca, sbarazzina, irriverente e, soprattutto, vincente. La chiamavano Fiorentina yè-yè, l’ultima squadra capace di regalare a Firenze ciò che oggi è solo un sogno proibito: lo Scudetto di cui oggi ricorre la stagione del cinquantenario. Forgiata da Beppone Chiappella, svezzata e smaliziata dal Petisso Pesaola, quella Viola fu protagonista di un’impresa incredibile, conclusa con il trionfo sul campo della Vecchia Signora. Il Tricolore del 1969 fu l’apoteosi di un percorso cominciato nel 1963 che portò, prima del suo apice, 4 quarti posti e un quinto posto. Da Albertosi (che poi fu costretto ad andare via proprio sul più bello, sostituito da Superchi) a De Sisti, passando per Bertini, Orlando, Rogora, Chiarugi, Merlo, Esposito, Ferrante (solo per citarne alcuni). Tutti giovani e tutti, anche chi (come Orlando e Bertini) lasciò Firenze prima dello Scudetto, frutto di un progetto figlio dell’inarrivabile fiuto calcistico di Egisto Pandolfini.
La Fiorentina di oggi, con le dovute proporzioni e ben consapevoli che lo Scudetto (ma neppure la Champions) sono alla sua portata, in qualche modo somiglia a quella squadra fantastica. Soprattutto perché è la formazione più giovane dell’intera serie A e per quella freschezza e irriverenza che caratterizzava pure la sua parente più grande. Per quanto visto nella prima giornata di campionato contro il modesto Chievo, ma anche per quanto dimostrato nella scorsa stagione, nel momento terribile della morte del capitano Davide Astori. Una tragedia che ha cementato il gruppo, trasformandolo in una squadra vera, proprio come lo era la Fiorentina yè-yè dei favolosi anni ‘60. Ebbene, non possiamo sapere dove potrà arrivare la Fiorentina di Chiesa, Simeone, Milenkovic, Lafont, Pjaca, Edimilson, Gerson e tutti gli altri giovani. Probabilmente molti dei suoi componenti se ne andranno strada facendo, essendoci tanti, troppi prestiti in rosa. E forse non avrà le spalle così larghe per sopportare un paragone così pesante. Di certo non raggiungerà i successi della sua nobile antenata, vissuta in un’era calcistica (purtroppo) definitivamente tramontata. Però vale la pena accompagnarla e sostenerla nella speranza di poterci godere una nuova stagione all’insegna del divertimento e, magari, del ritorno in Europa. Finalmente.
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