La Fiorentina rimette la testa sott’acqua
“Sotto l’acqua forza viola alè!” cantavano i tifosi, valorosamente allo stadio, nonostante il flagello dell’uragano che ha colpito Firenze. Ma sotto l’acqua c’è rimasta la Fiorentina, incapace di domare un Crotone volenteroso quanto palesemente inadeguato al palcoscenico della serie A. Inutile aggrapparsi all’alibi del campo pesante e alla sospensione del match per oltre 40 minuti perché, anche in quelle difficili condizioni, la squadra di Paulo Sousa avrebbe dovuto fare un sol boccone dei derelitti calabresi che, fino a ieri sera, avevano messo insieme un solo punto in 9 partite, subendo 20 reti al passivo. E invece, nel diluvio del Franchi, sono riemersi i soliti problemi: gioco lento e prevedibile fino all’esasperazione, incapacità di reagire con raziocinio alle avversità (leggi la clamorosa papera della premiata ditta Tatarusanu-Gonzalo Rodriguez) e una disarmante sterilità offensiva. Un colpo si spugna sull’illusoria goleada di Cagliari e uno smacco nei confronti dello stesso allenatore portoghese che chiede, ormai da mesi, intensità e continuità di risultati alla sua squadra, ottenendo sistematicamente l’esatto contrario. Già, perché ormai da febbraio scorso la Fiorentina non vince due partite di fila in campionato (successi su Inter in casa e Atalanta in trasferta) e, più o meno dallo stesso lasso di tempo, i suoi leader non riescono più a incidere nei momenti decisivi: quando la squadra ha la grande occasione per decollare, finisce per restare puntualmente piantata per terra. Situazione in cui non può non salire sul banco degli imputati anche Sousa che, rimescolando continuamente le carte sia tatticamente che nelle scelte, pare creare solo tanta confusione a una squadra ancora alla ricerca di una sua precisa identità. Per di più, dati alla mano, il portoghese sembra faticare a inculcare motivazioni nella testa dei suoi giocatori che, ormai da tempo, steccano gli appuntamenti contro le cosiddette piccole. Sarà un caso, ma anche nella scorsa stagione, la Fiorentina non riuscì a superare, in casa, l’ultima in classifica. Allora era il Verona e il risultato fu lo stesso: un deludente 1-1. Anche quel giorno l’unica “geniale” soluzione di gioco fu una lunga serie di inutili traversoni dalla tre quarti campo. Anche in quell’occasione il tecnico portoghese lasciò in panchina Kalinic, salvo gettarlo nella mischia a gara in corso, senza benefici. E, a proposito del centravanti croato, sorge spontaneo un ultimo interrogativo: perché rinunciare in partenza a chi, appena tre giorni prima, aveva realizzato una sontuosa tripletta, stravolgendo per l’ennesima volta il volto della Fiorentina?
I commenti sono chiusi.