Addio a Gigi Radice, l’uomo che visse Firenze due volte
A Firenze arrivò nel 1973, era un giovane allenatore che sui giovani ci puntava davvero. E in quella Fiorentina ne aveva tanti e di belle speranze. Antognoni, Caso, Guerini e Roggi, tutti talmente bravi da essere convocati di lì a poco in Nazionale. Gigi Radice era un tecnico burbero che amava il bel calcio e che aveva appena portato il Cesena alla sua prima storica promozione in serie A. La sua prima Fiorentina fece sognare i tifosi, almeno nel girone d’andata: le grandi le caddero tutte ai piedi: l’Inter, la Juventus, il Milan e il Cagliari (allora era tra le big), vennero tutte sconfitte dai viola. Poi la squadra ebbe una brusca flessione e alla fine fu “soltanto” sesto posto, non sufficiente allora per la qualificazione all’Europa. Così Radice emigrò altrove, prima a Cagliari, poi a Torino dove restò per 5 stagioni, conquistando addirittura un fantastico Scudetto nel 1975/76. Ma Firenze era ancora nel suo destino e così, quasi vent’anni ci tornò, chiamato dai Cecchi Gori nel 1991 per sostituire l’esonerato Lazaroni. Fino a quel famoso 3 gennaio 1993, il giorno della “follia” di Vittorio Cecchi Gori che lo cacciò dopo la sconfitta interna con l’Atalanta, con la squadra in piena zona Europa. E tutti ricorderanno come finì quella stagione: con la clamorosa retrocessione dei viola in serie B. L’addio fu burrascoso, ma il ricordo di Radice nei tifosi viola (a parte qualche coro di scherno intonato in momenti difficili della squadra) è certamente positivo. La coda della sua vita non è stata facile: malato di Alzheimer, ha trascorso i suoi ultimi anni senza lucidità. Oggi (7 dicembre) è morto all’età di 83 anni, lasciando un vuoto in un’Italia calcistica che lo aveva, forse, dimenticato troppo in fretta.
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