Desolati: “Simeone, scaccia la paura!”
La sua carriera è stata timbrata da grandi tinte viola: Claudio Desolati, dieci anni all’ombra della Torre Maratona e la prima gioia in un memorabile Fiorentina-Juventus 2-1. Era il 7 aprile del 1973, a pochi minuti dalla fine della sfida interna con la Juventus, raccolse l’assist di De Sisti, superò un difensore, mise a sedere un certo Dino Zoff, suggellando la vittoria sui bianconeri. Aveva solo 18 anni e mandò in visibilio il “Comunale” di Firenze, stracolmo di tifosi viola. Entrando di diritto nella storia della sfida con la S maiuscola.
Claudio Desolati, a Firenze è arrivata la partita dell’anno.
“Sono altri tempi per i tifosi rispetto a quando giocavo io, ma scendere in campo contro la Juventus è da sempre una guerra. Bastavano un pareggio o una vittoria a far star bene la città venticinque giorni. I bianconeri, adesso, sono superiori in tutto: servono calciatori con mentalità per poterla battere, nonostante non stia mostrando un bel gioco, però meglio vincere giocando male che non prendere i tre punti esprimendo un bel calcio”.
La partenza viola non è stata delle migliori: riesce a dare una spiegazione?
“La preparazione è stata fatta sicuramente bene, guardate come hanno iniziato: sei reti al Chievo all’esordio. La Fiorentina non deve vincere contro le grandi, bensì prendere il maggior numero di punti possibili con le squadre inferiori. E magari con tutti questi giovani serviva un pizzico d’esperienza in più: una volta al di sotto delle aspettative, certi giocatori vanno in crisi. Inoltre, ci sono calciatori fuori ruolo: un allenatore deve mettere i propri elementi in condizione di dare il meglio”.
E poi c’è l’allarme legato all’attacco. Cosa ne pensa?
“Simeone dà l’anima, ma deve avere un robusto attaccante accanto, è sempre solo contro due o tre giocatori: prende botte, si rialza, poi quella volta che gli capita la palla-gol non riesce a metterla dentro. Non vedo dialogo, gli arrivano pochi palloni, non ci sono più i cross dalle fasce, rientrano tutti. L’attaccante se non riceve palloni non può segnare”.
Gli servirebbe un gol come il suo contro la Juventus per ripartire…
“Credo sia normale che quando un attaccante non segna, basta una rete per tornare quello di prima. I periodi negativi ci sono per tutti. Non è facile andare sempre in gol. Per segnare contro la Juventus, e in generale, gli dico: non deve aver paura degli avversari, sono loro che devono temerlo. Io facevo così. Vado lì per vincere e devo mettere in condizione la mia squadra per farlo”.
Il suo fu il primo con la maglia della Fiorentina, proprio con gli acerrimi nemici. Ci racconta che sensazioni si provano?
“Avevo diciotto anni, entrai in campo davanti a migliaia di spettatori. Giocare insieme a gente come De Sisti o Merlo era un sogno: io, ragazzino che scese sul terreno di gioco e mise al tappeto la Juventus. Una cosa fuori dal normale. Che poi diventò normale, visto che quello era il mio lavoro”.
Al ‘Franchi’ sarà un rendez-vous per Marko Pjaca.
“L’ho visto giocare poco, la scorsa stagione è andato in Germania e poi ai Mondiali, tutto dopo l’infortunio. Io quando giocavo mi ‘incavolavo come una belva’ se restavo fuori, però in allenamento davo tutto per riprendermi il posto. Se non va, bisogna toglierlo subito dal campo, non sostituirlo alla fine. Ti cambia la situazione e l’atteggiamento del calciatore”.
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