Daniel Passarella, il Caudillo che conquistò Firenze
Fin da ragazzino cominciarono a chiamarlo il “Caudillo”, un soprannome che lo descrive perfettamente: il “Condottiero”. Perché Daniel Alberto Passarella era un leader nel senso più vero della parola. Lo era in campo con il suo temperamento leggendario, una rabbia agonistica che metteva paura agli avversari. Lo era fuori dal campo con il suo carisma che lo rendeva capo indiscusso dello spogliatoio. Passarella quel carattere di ferro se lo era formato sui campi polverosi di Chacabuco, sperduta cittadina della Pampa dove è nato nel 1953. I suoi genitori erano di origine siciliana e ogni cosa se l’erano guadagnata col sudore della fronte. Non ancora maggiorenne Daniel fu ingaggiato dal Sarmiento de Junin dove cominciò la sua epopea calcistica che, nel 1974, lo portò fino alla gloriosa maglia del River Plate. All’epoca quasi tutti i tecnici usavano il libero, l’ultimo baluardo del reparto arretrato, e Passarella quel ruolo lo interpretava magistralmente. Gestiva la fase difensiva come un veterano, aiutando anche quella offensiva grazie al suo micidiale sinistro che, su punizione e rigore, gli consentiva di realizzare tanti gol (nel River ne fece più di cento). Inevitabile il suo approdo nella Nazionale argentina con la quale, agli ordini di Menotti, vinse il discusso titolo mondiale nel 1978. Nell’Albiceleste collezionò 70 presenze dal 1975 al 1986, realizzando 22 reti. Nel 1982 la Fiorentina dei Pontello, in cerca di un difensore di grandissimo livello nella stagione che seguiva quella del “Meglio secondi che ladri”, gli piazzò gli occhi addosso e l’allora direttore generale Tito Corsi lo strappò alla concorrenza a suon di milioni. L’ambientamento nel campionato italiano non fu facile, l’allenatore Picchio De Sisti dovette lavorare duro per imbrigliare tatticamente la sua esuberanza che lo portava a spericolate scorrerie offensive. Passarella faticò, strinse i denti e si fece anche un po’ di “violenza” per obbedire al suo allenatore. Ma quando cominciò a ingranare tornò grandissimo, diventando uno degli idoli della tifoseria gigliata. Nei suoi anni in viola non vinse niente (è cosa purtroppo nota), ma giocò partite superlative, segnando tantissimo. Nella sua ultima stagione fiorentina, nel 1985-86, stabilì il record di segnature (ancora imbattuto) per un difensore in un campionato di serie A: 11 gol. Poi, i non idilliaci rapporti con la proprietà lo spinsero ad accettare le lusinghe dell’Inter che aveva grandi ambizioni. La sua avventura viola s’interruppe dopo 139 partite ufficiali e 35 reti. Neppure a Milano, però, riuscì a vincere. Nel corso di una sfida con la Sampdoria, innervosito dal ritardo nella rimessa in campo di un pallone, rifilò un calcio a un raccattapalle. La stampa lo mise in croce e lui fece pubblica ammenda. Ma la sua immagine risultò un po’ offuscata e l’Inter lo scaricò, preferendogli i teutonici Brehme e Matthaus. Passarella, così, se ne tornò all’amato River, mantenendo un ottimo ricordo della sua avventura in riva all’Arno dove ama tornare spesso, circondato ancora oggi dall’affetto dei tifosi gigliati. Oggi, 25 maggio, nel giorno del suo 65esimo compleanno, noi del Brivido Sportivo lo abbiamo voluto ricordare per fargli gli auguri a nome di tutti coloro che amano i colori viola.
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