Sor Carletto e quella coppa che non c’è più
Detiene il record di panchine in serie A (795) e quello di panchine ufficiali (1278), è famoso per il suo temperamento acceso e per la sua verace romanità, oltre che per quella sua corsa leggendaria, col pugno roteante, verso la curva atalantina (da tecnico del Brescia nell’ormai lontano 2001). La storia di Carlo Mazzone, o se preferite di “Sor Carletto”, è stata già raccontata decine e decine di volte, ma noi del Brivido Sportivo, alla vigilia di Fiorentina – Cagliari, vogliamo ripercorrerne soltanto due frammenti: uno colorato di viola, l’altro di rossoblù. La sua avventura fiorentina comincia da spettatore, il 28 giugno 1975 all’Olimpico della sua Roma quando assiste alla vittoria della Fiorentina sul Milan nella finalissima di Coppa Italia. In panchina c’era il suo quasi omonimo Mario Mazzoni che aveva sostituito Nereo Rocco e che, dopo qualche giorno, gli avrebbe lasciato la titolarità di tecnico. Per Mazzone Firenze era l’occasione della vita. Nel suo curriculum c’era soltanto l’Ascoli, che aveva guidato dalla serie C alla A, e la squadra che si apprestava ad allenare era ricca di giovani talenti: Giancarlo Antognoni, Moreno Roggi e Vincenzo Guerini erano le punte di diamante di quella che in molti indicarono come la nuova Fiorentina ye ye. Ma la sfortuna, quando si parla di viola, è sempre dietro l’angolo, così “Sor Carletto” perse subito due pezzi da novanta: Roggi si ruppe il ginocchio in un’amichevole a Viareggio e la carriera di Guerini fu troncata da un incidente stradale che coinvolse anche Mimmo Caso. Il suo primo campionato lo concluse al nono posto, conquistando, però, uno dei pochi trofei della sua lunghissima carriera, ormai scomparso da tempo: la Coppa di Lega Italo – Inglese, allora riservata alle squadre vincenti della Coppa Italia e della Coppa d’Inghilterra. Nella doppia finale la Fiorentina sconfisse il West Ham in entrambi i casi per 1-0, sollevando il trofeo allo stadio Upton Park di Londra.
Nella seconda stagione la campagna acquisti non fu certo esaltante: Gola, Zuccheri, Bertarelli… questi i nuovi giocatori che gli furono messi a disposizione. Eppure Mazzone riuscì a fare di necessità virtù, promuovendo titolari i giovani Tendi e Restelli, oltre a valorizzare altri ragazzi come Di Gennaro e Sacchetti. Alla fine arrivò un prestigioso terzo posto dietro a Juventus e Torino con il conseguente approdo in Coppa Uefa. Nella terza stagione Mazzone lanciò un altro giovane di belle speranze, Giovanni Galli, e perse un altro pezzo del mosaico per infortunio, Claudio Desolati. Sul mercato, invece, non ci furono passi avanti e stavolta le sue virtù di stratega non bastarono a evitare un progressivo tracollo. La sconfitta interna con la Lazio, all’undicesima giornata, gli costò l’esonero nell’anno della salvezza conquistata solo per differenza reti ai danni di Genoa e Foggia. Da allora Mazzone cominciò un’altra carriera: quella di girovago delle panchine di tutta Italia. Carriera che lo portò in quel di Cagliari nel 1991. Sull’Isola scrisse una pagina importantissima della sua storia, alla seconda stagione, nel 1993, conquistò uno storico sesto posto che valse la qualificazione in Coppa Uefa per i sardi dopo 21 anni di assenza. Piazzamento che convinse la Roma, squadra per la quale ha sempre tifato, a puntare su di lui. Dopo tre anni, tra alti e bassi, nella Capitale, tornò sulla panchina del Cagliari nel 1996, subentrando a Gregorio Perez, ma non riuscì a centrare l’obiettivo salvezza, sfumato nel ko allo spareggio con il Piacenza. Oggi, a 81 anni, Mazzone vive ad Ascoli Piceno (altra piazza nella quale ha fatto storia) e di certo osserverà con interesse la partita di oggi fra due squadre che gli sono rimaste nel cuore.
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