C’è anche Pepito: il bello deve ancora venire
La rete contro il Belenenses ha interrotto un digiuno di 501 giorni. Adesso Rossi scalpita
Alla ripresa contro Napoli e Roma può essere lui l’arma in più per restare in vetta
Tutto in una notte, due anni dopo l’ultima volta, che poi era stata la prima. Giuseppe Rossi adesso è pronto a riprendersi lo scenario, aspettando di far sua nuovamente anche la maglia azzurra dell’Italia. E’ tornato a segnare, in Europa, ancora contro una squadra portoghese. Era successo nel 2013, quando ancora l’ennesimo calvario era lontano e Pepito con i sui guizzi continuava ad accendere l’entusiasmo dei tifosi con gol a grappoli. Allora, quel 19 settembre, l’avversario fu il Paços, al Franchi, prima rete internazionale del Rossi nell’era viola. Stavolta, è stato il Belenenses, in quel di Lisbona. Il digiuno da gol interrotto dopo 501 giorni d’attesa – in campionato col Torino, nel maggio 2014l, quando ancora il Mondiale era un sogno da provare a vivere – è diventato trend topic in un battibaleno, per altro a prescindere dalla “fede sportiva” d’appartenenza. Ne hanno parlato tutti, dall’Inghilterra alla Spagna, dal mondo arabo fino all’America, dal Sudafrica all’Indonesia. Alessandro Diamanti, ex viola volato in estate al Watford lo ha scritto anche su Instagram, pubblicando una foto dell’attaccante italo-americano con la maglia viola. Gli sono bastate due parole per racchiudere la gioia di tutto il mondo dello sport: «E’ giusto così».
Del resto, subìre tre interventi allo stesso legamento, il crociato del ginocchio destro, tornare in campo, scalare la classifica marcatori fino a prenderne la vetta, rifermarsi nuovamente per un mezzo crak, altri quattro mesi di terapia, il sogno europeo che sfuma e stavolta anche il menisco che si mette a fare le bizze. Di nuovo intervento, di nuovo fisioterapia in solitaria in America e un campionato che sfila via, senza nemmeno poterne ricordare un minuto. Ha dovuto tirare il freno anche lui, Rossi, che pure di avrebbe avuto voglia dell’esatto contrario. Amichevoli estive centellinate, minuti contati e tanto lavoro. Prima 17 col Torino, poi 63 col Genoa e 58 col Carpi. Sousa lo ha gestito con intelligenza: due panchine, con Bologna e Inter, per poi concedergli lo scenario internazionale per riprendersi il suo mondo. Nel mezzo c’è stata pure la riformulazione del suo contratto. Nessun prolungamento, di quello, eventualmente, si tornerà a parlare in primavera. Fino al 2017, come stabilito nel gennaio 2013, ma con una diversa ripartizione economica. Una parte fissa molto più contenuta (circa un milione in meno) ed una variabile, ad obiettivi personali e di squadra, che paradossalmente potrebbe addirittura portalo a guadagnare di più dei 2,5
milioni inizialmente pattuiti. E’ stato Pepito, così come in passato fece Redondo al Milan, a chiedere di fare un passo verso la società: adesso, però, punta solo ai gol.
E Pepito ha cominciato a riprendersi un pezzo del suo mondo. Ha ringraziato subito il suo allenatore, lui che pure in estate, in America, in occasione della gara contro il Benfica, non aveva nascosto il malcontento per la sostituzione, e poi è corso, sempre sui social, a festeggiare con tutti, compagni e tifosi. Alla ripresa, ci sono Napoli e Roma (nel mezzo il Lech Poznan) e Pepito vuole essere presente. Per altri gol, sparati con la mitraglia. Per la vetta, per l’orgoglio e per riprendersi quella felicità che solo la sorte ha osato frenare. Perché questo è un anno diverso, in cui tutto può diventare possibile. Perché, per quanta strada c’è ancora da fare, lui, Pepito, il finale lo ama già.
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