Il coraggio di osare
In attesa di conoscere i risultati di questi ultimi impegni della Fiorentina e poter poi stilare un bilancio corretto della stagione, è possibile comunque affermare con ragionevole certezza che questo è stato l’anno più turbolento dal punto di vista societario. Dal 2012, estate della ricostruzione, il gruppo dirigenziale si era spesso distinto per brillantezza, coesione, lungimiranza, ed era stato protagonista di intuizioni geniali. Da qualche settimana Macia non fa più parte di questo team, il suo addio in sordina a stagione in corso avrebbe dovuto far riflettere un po’ di più. Invece, vista la tempesta di impegni e di stati d’animo, visto l’incredibile crollo in campionato contro squadre come Verona e Cagliari, è scivolato via che quasi nessuno se n’è accorto.
A conti fatti, il mercato estivo, ancora una volta, non ha apportato i correttivi e le migliorie che ci si attendevano, tant’è che nello stilare la formazione dei titolarissimi Montella non inserisce nessuno dei nuovi, tranne Salah, arrivato rocambolescamente a gennaio.
Sul futuro di Pradé non si hanno certezze. Ogni anno si aprono in società posizioni nuove, che hanno il solo effetto di frammentare il potere e, di conseguenza, di smaterializzare le vere responsabilità. La Fiorentina si sta strutturando da grande società, ma per il momento gli effetti stentano a mostrarsi. Almeno dal punto di vista dei risultati.
Particolarmente bizzarra è stata la gestione dell’affare portiere, che ripercorriamo per comprendere come, in questa e in altre vicende, sia stata fatta un po’ di confusione. Dopo aver perso maldestramente l’attimo per offrire il rinnovo a Neto, i dirigenti viola hanno tentato un recupero pressoché disperato, respinto in maniera piuttosto decisa.
A quel punto la società ha provato a fare la voce grossa con un duro comunicato e col provvedimento di esclusione del brasiliano, poi mascherato da un infortunio diplomatico. Decisione coraggiosa, libera, se vogliamo anche condivisibile, decisione che aveva l’aria di essere definitiva.
L’infortunio invece è arrivato davvero ed ha colpito Tatarusanu. A quel punto si è dovuti tornare in ginocchio da Neto, il quale, da grande professionista, è sceso in campo ed ha sfoderato prestazioni eccellenti. Ma la scelta di accantonarlo era stata una questione di principio e per coerenza bisognava avere il coraggio di proseguire su questa linea, non appena recuperato Tatarusanu, non appena rientrata l’emergenza. Certo, non era facile ed era molto rischioso, ma quando una società ha le spalle larghe non deve avere paura. Si è ceduto all’utilitarismo, prendendolo nuovamente in tasca. Infatti nelle ultime partite, Neto è stato protagonista di errori abbastanza clamorosi, alcuni, come quello a Siviglia, fatali per le sorti della Fiorentina. Ora Tatarusanu, guarito da tempo, ha ricominciato a sentirsi un secondo. Bisognerà ricostruirlo di nuovo, anche psicologicamente. Mentre Neto se ne andrà. Secondo voi, come ne esce la società dalla gestione di questo caso?
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