I paradossi del calcio italiano
Più che una città, Firenze è fondamentalmente un grande e meraviglioso paese: capita ovunque di incontrare persone che conosci, capita ovunque di fare nuove conoscenze. Anche perché c’è la predisposizione e l’animo allegro per farlo.
Nei tanti anni di militanza del Franchi e paraggi anche Bastian Contrario ha avuto l’opportunità di socializzare con alcuni degli steward e/o addetti al servizio d’ordine. Sono generalmente tutte persone sempre sorridenti, molto sobrie, che abbinano l’utile al dilettevole: arrotondano il loro stipendio prestando servizio nello stadio e per la squadra per cui tifano. A volte sono studenti universitari, nella maggior parte dei casi sono selezionati ad una agenzia interinale. Il corrispettivo a prestazione è pressoché ridicolo, ma, come si dice, uno lo fa anche per passione. In settimana la Gazzetta dello Sport ha pubblicato un articolo al riguardo e confesso che inizialmente ho pensato ad un errore di battitura: non potevo credere che uno steward per la sua prestazione percepisse dalle 25 alle 35 euro nette. Pensavo mancasse uno zero, sono rimasto allibito.
Quando le domeniche si incendiano, come successo in occasione del derby di Torino al Comunale, penso spesso a loro. A chi glielo fa fare di rischiare la vita ad ogni partita. A come si possono ritenere fortunati quelli dello stadio Franchi, quasi mai costretti ad intervenire.
Lo stesso identico discorso vale per le forze dell’ordine, costrette a lanciarsi contro nugoli di pseudo-tifosi imbestialiti per le strade circostanti gli stadi ed evitare danneggiamenti a cose pubbliche e private.
C’è una sola, minima differenza: che per loro – poliziotti e carabinieri – è un lavoro. Ma quanto alla retribuzione, anche lì, ci sarebbe molto da discutere. Lo Stato, in queste occasioni, cosìccome nel quotidiano, è clamorosamente e vergognosamente assente.
Quando invece vedo volare le bombe carta negli stadi – in alcuni impianti è una prassi usatissima – penso sempre ai tifosi viola di una certa età che non desistono dal venire allo stadio e che vengono privati del loro ombrello nelle giornate di pioggia. Visti con i miei occhi: gli ombrelli sono ritenuti oggetti potenzialmente contundenti e dunque non superano il prefiltraggio. Come se uno – normale – lo portasse allo stadio per lanciarlo e non per ripararsi dalla pioggia che rende il Franchi così inospitale.
Non superano la barriera severissima degli stadi anche le bottigliette d’acqua. Ma qui la storia puzza molto di business. Perché consentire al padre che porta il figlio allo stadio sotto il sole di introdurre un po’ d’acqua per assicurarsi un minimo di refrigerio? Sarebbe un privilegio troppo grosso. Molto meglio scatenare l’assalto alla diligenza ai barretti superaffollati e obbligare tutti a comprare una bottiglietta a 2 euro e mezzo o 3 col ricarico del mille per cento sul costo. Eccezionale, ne guadagna l’economia e lo Stato sa quanto ce ne sia bisogno. Ricapitolando: ombrelli e bottigliette d’acqua assolutamente NO, bombe carta, armi e petardoni SI’.
Abbiamo citato, utilizzato alcuni dettagli per spiegare un concetto per la verità molto più profondo: anche dalle piccole cose, anche dai divieti più assurdi si arriva sempre lì: negli stadi italiani è veramente tutto, tutto sbagliato! Fanno pietà da come sono vuoti e, continuando così, sarà sempre peggio.
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