Mario Mazzoni, il missionario viola che vinse la Coppa Italia
Se n’è andato ieri mattina in un attimo, silenziosamente. Del resto Mario Mazzoni è sempre stato allergico alle luci della ribalta, ha sempre scelto di lavorare all’ombra dei riflettori, dietro le quinte, senza manie di protagonismo. Il suo modo di essere e di svolgere la professione di allenatore è lontanissimo dagli schemi di oggi per i quali l’immagine e l’impatto mediatico sono considerati fattori essenziali. Per lui erano dettagli inutili perché contava solo il lavoro e, soprattutto, contava solo la Fiorentina, il cui interesse era al di sopra di tutto. Perché Mario amava visceralmente la società viola, tanto da servirla con indefesso spirito di dedizione nei tanti anni trascorsi da vice allenatore, dietro a tecnici che hanno beneficiato dei frutti della sua opera certosina, delle sue idee tatticje e della sua conscenza dei calciatori, soprattutto dei giovani, spesso e volentieri determinante. Però Mazzoni, quando è stato chiamato in causa, ha dimostrato di essere anche un vincente. Come quando, nel 1975, subentrò a Nereo Rocco, guidando la Fiorentina nella meravigliosa cavalcata di Coppa italia, fino al trionfo nella finale di Roma contro il Milan. Oppure quando, nel campionato ’77/’78, sostituendo il suo quasi omonimo Carlo Mazzone, condusse la Fiorentina alla conqusta di 4 punti che risultarono vitali in una drammatica stagione nella quale si rischiò la retrocessione. Mazzoni non resse l’emozione e chiese di tornare nei ranghi, sostituito da Beppe Chiappella. Il suo amore per la Fiorentina era talmente forte da rischiare di perdere lucidità e Mario preferì farsi da parte, nonostante tutti volessero che fosse lui ad allenarla in prima persona. I giovani erano la sua vera passione, ne scoprì e ne allenò tanti, portandoli fino alla prima squadra. Poi si dedicò alla scuola calcio Florentia, succursale della Fiorentina negli anni ’80, fino al ritorno alla Fiorentina come responsabile tecnico del settore giovanile fino al fallimento del 2002. La sua vita viola, comunque, continuò appassionata e, nel finale, raccolse il meritato riconoscimento con l’ingresso nella Hall of fame, là dove la sua immagine merita di restare per sempre.
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