1969, 1970… quegli scudetti impossibili

1969, 1970… quegli scudetti impossibili

Fiorentina e Cagliari campioni d’Italia, un anno dopo l’altra. Non è una favola, ma pura realtà, seppur lontana nel tempo: correvano gli anni 1969 e 1970, due date storiche per i club che, oggi, si sfideranno sul prato dell’Artemio Franchi, purtroppo con obiettivi ben diversi da allora.
Era il calcio della marcatura a uomo, dei 2 punti per la vittoria, del passaggio indietro al portiere (che poteva raccogliere tranquillamente la palla con le mani) e del tredicesimo calciatore di movimento in panchina (appena adottato dalla Federazione Italiana). Il calcio di De Sisti, Merlo, Chiarugi, Maraschi, Ferrante, Gigi Riva, Albertosi, Nenè e Domenghini. Di allenatori che non erano maniaci di tattica, ma che la partita la sapevano leggere come pochi al mondo: Bruno Pesaola e Manlio Scopigno. Un calcio profondamente diverso da quello attuale e non solo sul campo… le partite di campionato erano tutte alla domenica pomeriggio e la tv mostrava solo qualche immagine alla Domenica Sportiva (Novantesimo Minuto sarebbe stato inaugurato solo nel settembre del 1970). Così il calcio lo si vedeva allo stadio oppure lo si ascoltava alla radiolina, attraverso le memorabili radiocronache di Tutto il Calcio Minuto per Minuto che, però, proponeva solo le dirette dei secondi tempi.

Da allora sono passati 50 anni (proprio quest’anno si celebra la ricorrenza dall’ultimo Scudetto viola), ma chi ha avuto la fortuna di vivere quei momenti li ricorda tuttora con i brividi sulla pelle.
Nel 1968-69, il presidente viola Nello Baglini volle Bruno Pesaola, detto il Petisso (il piccoletto) come allenatore che, la stagione precedente, aveva portato il Napoli al secondo posto. L’avvio della Fiorentina fu lento e la lotta per il titolo pareva riservata al Milan e allo stesso Cagliari che, spinto dai gol di Gigi Riva, si ritrovò in testa dal 28 novembre 1968. Poi vennero fuori i viola che agganciarono i sardi il 12 gennaio 1969, per poi lasciare ai rossoblù il platonico titolo di campioni d’inverno. Ma il 9 marzo i sardi caddero in casa contro la Juventus e la Fiorentina, battendo il Lanerossi Vicenza, balzò al comando, tenendosi stretta la leadership. I viola, capitanati da De Sisti, conquistarono l’aritmetica certezza del tricolore l’11 maggio, espugnando la Torino bianconera con i gol di Chiarugi e Maraschi. Così il sogno di ogni tifoso viola si avverò e la Fiorentina si laureò campione d’Italia per la seconda volta nella sua storia. Il capocannoniere gigliato fu Maraschi con 14 reti, seguito da Chiarugi con 7 e Amarildo e Rizzo con 6. La Fiorentina perse soltanto una partita (in casa contro il Bologna) e terminò la stagione imbattuta in trasferta.
Al secondo posto si classificò il Cagliari (a pari merito con il Milan), distanziato di 4 lunghezze. I sardi, allenati da Manlio Scopigno, soprannominato Il Filosofo, nella stagione seguente ripartirono con grandi ambizioni. I loro punti di forza erano l’attaccante Gigi Riva e il portiere Ricky Albertosi, acquistato dalla Fiorentina proprio l’estate precedente al tricolore viola. Dal calciomercato, poi, arrivarono Domenghini e Sergio Gori che sopperì egregiamente alla partenza di Boninsegna. Quella del Cagliari fu una corsa con una sola rivale, la Juventus, che cedette definitivamente il 15 marzo del 1970, facendosi recuperare i due gol di vantaggio nello scontro diretto al Comunale di Torino. Il 12 aprile, vincendo la sfida interna con il Bari, i sardi si laurearono campioni d’Italia per la prima e ultima volta. Gigi Riva vinse anche la classifica dei marcatori con 21 reti. Eraldo Mancin (che l’anno prima aveva vinto lo Scudetto a Firenze) passerà alla storia come l’unico calciatore a vincere lo Scudetto in viola e in rossoblù, per di più in due anni consecutivi. La Fiorentina arriverà quarta, a pari merito col Milan.
E da quel giorno, scrisse Gianni Berra, “la Sardegna fece il suo ingresso in Italia, entrando davvero nella storia del costume del nostro paese”.

Tommaso Borghini

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