Brizi: “Noi non perdevamo mai”

Brizi: “Noi non perdevamo mai”

Giuseppe Brizi è, dopo Giancarlo Antognoni, il secondo giocatore con il maggior numero di presenze (389) della storia viola. Le sue gesta riportano alla mente il secondo Scudetto vinto dalla Fiorentina nel ‘68/’69, che con emozione ci racconta.

Giuseppe Brizi, sono passati 50 anni da quel memorabile successo…

I ricordi sono molteplici, anche se il tempo talvolta li fa svanire. Qualcosa è rimasto nella memoria, tranquilli. Ricordo che a Firenze lo Scudetto mancava da diversi anni, fu un avvenimento vincere il campionato”.

Qual è il ricordo più bello che si porta dietro?

Disputammo 25 partite con risultati utili consecutivi, non perdevamo mai. Dopo la sconfitta in casa col Bologna scattò qualcosa di magico e nessuno ci ha più battuto. A livello personale, posso dirvi che quell’anno tutti mettemmo in campo ottime prestazioni. Sempre”.

Qual è un’immagine di quella stagione che le fa venire il sorriso?

Non posso dimenticare il cimitero di sigarette davanti alla panchina di Pesaola, tutte a causa dello stress”.

Lei è secondo per numero di presenze nella storia della Fiorentina. Un orgoglio.

Dopo Antognoni ci sono io per presenze, è un bel traguardo. Per me è sempre stato uno stimolo, da ragazzino, anche prima di venire a Firenze, ero già tifoso della Fiorentina. Ho dato buone prestazioni, anche se qualche delusione rimane sempre”.

Il presente è molto diverso dai suoi anni. Quando tornerà a vincere la Fiorentina?

Dipende sempre dalla società, da quello che vogliono fare. Puntare a vincere qualcosa non è sempre facile. Purtroppo seguo saltuariamente la Viola, perché con i nuovi pacchetti televisivi è un casino (ride, ndr)”.

Il suo nome è legato indissolubilmente alla Fiorentina. Oggi, però, non è facile trovare le bandiere…

Il calcio è cambiato, a quei tempi il cartellino era delle società, adesso uno può cambiare squadra da un anno a un altro. Ci sono grandi interessi. Facendo un paragone, non so se potrebbe esserci un confronto. Il fatto stesso che molti diventavano bandiere vuol dire che c’erano anche dei valori”.

Giacomo Brunetti

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