La Coppa Italia del 1975 e quel sogno di aprire un ciclo distrutto dalla malasorte

La Coppa Italia del 1975 e quel sogno di aprire un ciclo distrutto dalla malasorte

Questa è la storia di un trionfo costruito con la programmazione e raggiunto da una squadra di giovani talenti che sembrava in grado di raccogliere l’eredità della Fiorentina yè yè. Stiamo parlando della Viola del 1975, quel gruppo pieno di talento che vinse la Coppa Italia, battendo il favorito Milan nella finale secca di Roma. La quarta coppa nazionale della storia viola che resterà l’ultimo titolo conquistato per ben 21 anni. Era il 28 giugno di 44 anni fa. Il presidente era Ugolino Ugolini, l’allenatore Mario Mazzoni (scomparso da poco) perché Nereo Rocco aveva deciso di lasciare anzitempo e Carletto Mazzone, tecnico designato per la stagione successiva, non poteva ancora sedere in panchina. Così fu il suo quasi omonimo, fiorentino doc e storico secondo di molti allenatori gigliati, ad assumere la guida di una squadra che in campionato non era riuscita a esprimere il suo grande potenziale.
Allora la seconda fase della Coppa si giocava a maggio e i viola superarono, grazie alla miglior differenza reti sul Torino, il girone composto dai granata, dal Napoli e dalla Roma. Il Milan, a sua volta, aveva messo in fila Juve, Inter e Bologna, dimostrandosi la pretendente favorita al trofeo.
La partita si disputò all’Olimpico di Roma di fronte a 40mila spettatori, 10mila dei quali viola.
La Fiorentina scese in campo con Superchi tra i pali, Beatrice; Pellegrini, Della Martira e Roggi in difesa; Guerini, Caso, Merlo e Antognoni a centrocampo; Desolati e Casarsa in attacco. A sbloccare la gara ci pensò proprio quest’ultimo, al 14’ grazie a un calcio di rigore concesso dall’arbitro Michelotti per un evidente fallo di Sabadini su Caso. Il glaciale Casarsa, come era sua abitudine, calciò il rigore da fermo, lasciando immobile l’ex Albertosi. Il Milan reagì subito, raggiungendo il pareggio al 20’ con Bigon, che superò Superchi con una deviazione in tuffo di testa. Nell’intervallo Mazzoni sostituì Beatrice con Lelj, ma il giovane terzino restò in campo solo 2’ e fu costretto a uscire per infortunio, rimpiazzato da Rosi. Al 54’ la Fiorentina usufruì di una punizione dal limite, Albertosi aspettava Antognoni, ma fu Guerini a calciare di seconda, superando il portiere rossonero con un gran destro. Sull’altalena delle emozioni salì anche un altro grande ex: Luciano Chiarugi. Il “Cavallo Pazzo” dello Scudetto viola del 1969, si trasformò in carnefice, realizzando il nuovo pareggio con un terrificante sinistro al volo al 65’. L’entusiasmo rossonero durò pochi secondi perché 2’ minuti dopo, su cross calibrato di Casarsa, fu proprio Paolo Rosi, subentrato quasi per caso, a staccare di testa, realizzando il gol più importante della sua carriera. Il trionfo dei viola, quella sera schierati in maglia bianca, raggiunto contro un avversario nobile, fece sognare i tantissimi tifosi gigliati presenti che, con i giovani, sperarono di poter aprire un ciclo di vittorie. Ma la mala sorte (leggi l’incidente stradale di Guerini o il ritiro anticipato dal calio per infortunio di Roggi, entrambi nazionali) lasciarono il solo Antognoni a predicare per anni nel deserto. Così quella Coppa resterà l’unico trofeo vinto in viola dall’Unico 10…

Tommaso Borghini

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